Maria Ausiliatrice, il Convento di Trino e le chiesette delle grange vercellesi.

Maria Ausiliatrice, il Convento di Trino e le chiesette delle grange vercellesi.

Maria Ausiliatrice, un nome caro al piemontese san Giovanni Bosco, originario di Castelnuovo d’Asti, che a Maria Ausiliatrice dedicò la sua congregazione di suore. Una madonna per i momenti di difficoltà, e non a caso il titolo di “Auxilium Christianorum” si ebbe con l’invocazione del papa san Pio V (1566-1572), che le affidò le armate ed i destini dell’Occidente e della Cristianità, minacciati da secoli dai turchi arrivati fino a Vienna, e che nella grande battaglia navale di Lepanto (1571) affrontarono e vinsero la flotta musulmana. A Maria Ausiliatrice è dedicata la cappella della grangia del Convento, una bellissima struttura costruita nel 1475 per volere dal marchese del Monferrato Guglielmo VIII Paleologo e trasformata in un magnifico resort, che ospita anche un ristorante di grande pregio. La deliziosa chiesetta, differentemente da molte altre cappelle, abbandonate e sconsacrate, è ancora consacrata e dedicata ai matrimoni religiosi che vengono poi festeggiati nella struttura del Convento.

Fede e agricoltura: da Maria Ausiliatrice alla Madonna delle Vigne

Punteggiato da cappelle e resti di fortificazioni, il Vercellese (ma buona parte del Piemonte, in realtà) è caratterizzato anche dai toponimi di paesi e località: castellazzo, castelletto, ricetto, bastia, poggio, torrazzo.


Fra i secoli XI e XII si assiste infatti, nel Vercellese, alla proliferazione dell’incastellamento: fonti certe parlano di una novantina di siti ma probabilmente erano molti di più, all’incirca duecento.


La ragione di questo ricorso alla fortificazione, dai paesi alle tenute agricole, non è tanto uno strumento di difesa da minacce esterne ma “strumento diffuso di appropriazione di beni, mezzo di produzione, di occupazione dello spazio, di consolidamento egemonico di un gruppo sociale a fronte di antagonismi interni ed esterni” (GUTIÉRREZ GONZÁLEZ1995).


È dall’acqua che viene la ricchezza del Vercellese, un panorama d’acqua e terreni senza fine e le grange, o fattorie fortificate, probabilmente risalenti dal XIV al XVII secolo, termine con il quale si definivano rozzi edifici nei quale si conservavano il grano e le sementi e, per estensione, il complesso di edifici costituenti un’azienda agricola e, in seguito una vasta azienda produttiva, per lo più di proprietà monastica. I monasteri del territorio, per la loro spiccata vocazione agricola, anzi, spesso assimilabili alle grange, dovevano avere avuto difese per lo meno simili a quelle in uso per i borghi; alcune chiese campestri, inoltre, hanno certamente svolto, per la loro solida struttura in muratura, compiti di difesa di uomini e prodotti con semplici apprestamenti di recinzione e con l’uso bellico di strutture come torri campanarie e tetti. Per questo, oltre ai lunghi terreni inondati, ai residui di rocche e castelli, il Vercellese è puntellato anche di cappelle probabilmente legate, in origine a un monastero, o a una grangia monastica. La visita delle cappelle delle grange è sicuramente una delle attrattive del territorio ed è indissolubilmente legata alla cultura del cibo.


È affascinante notare questo stretto legame fra religiosità e agricoltura, che ha dato origine anche a leggende e miti senza fine.

Luoghi abbandonati fra arte e leggenda

Si tratta di un territorio in un certo modo misterioso, specialmente per la quantità di luoghi abbandonati. A pochissima distanza dalla grangia del Convento sorge un’autentica celebrità, la Chiesa del SS. Nome di Maria detta Madonna delle Vigne. Lo studioso Fabio Borrello, che cura il sito PiemonteFantasma, ne ricostruisce la storia in un interessante studio diffuso da Academia a maggio 2020.

Pare che la cappella, oggi purtroppo gravemente danneggiata soprattutto dai vandalismi, fu, costruita nel 1696, sconsacrata per un decreto apportante il sigillo papale nel 1794 ed abbandonata da un secolo o forse due.


Il primo corpo della chiesa, scrive Borrello, risale alla prima metà del XVII secolo e le sembianze odierne si devono al rimaneggiamento terminato nel 1707.
La cappella è nota soprattutto per tre caratteristiche: per prima, la presenza di una meravigliosa statua in legno tutta d’un pezzo della Madonna, con il velo svolazzante, che tiene in braccio il bambino, forse opera di Carlo Giuseppe Plura. La statua veniva portata in processione su un prezioso baldacchino. Triste la sua fine: la magnifica scultura fu buttata in un fosso, recuperato, ha trovato rifugio nella chiesa abbaziale di Lucedio. La sua presenza è testimoniata da un articolo dell’on. Marescalchi nella rivista romana “Nuova Antologia” vol. 269 a cura nel 1916.

il celebre “Spartito del Diavolo”, affresco della cappella della Madonna delle Vigne, a Lucedio

La seconda curiosità è il famoso affresco, probabilmente di periodo sabaudo (1707-1784), chiamato “Lo spartito del diavolo”, sopra il portone di ingresso, che rappresenta un organo a canne con uno spartito in posizione di lettura, il tutto su una loggia che porta uno stemma con una corona, probabilmente di casa Savoia. Su questo spartito, suggerisce Borrello, si è detto molto ed è il motivo per cui questa chiesa è famosa nel mondo, ma non esistono testimonianze storiche riguardo all’affresco, tanto meno al suo autore, questo rimane quindi il grande mistero del santuario di Madonna delle Vigne. Da solo, l’affresco vale la visita.


Infine, non può mancare una leggenda romantica.


Racconta la tradizione che fosse sepolta lassù una leggendaria figura di regina che si vuole si aggirasse, in tempi ancora più antichi, per i boschi di Lucedio per sfuggire al padre persecutore e ai suoi sgherri. Un giorno, quasi raggiunta dai suoi inseguitori, fece comparire una fossa tra lei e loro. La fossa è ancora esistente e viene appunto chiamata Fossa della Regina dove, vuole la tradizione popolare, sia sepolta la regina nel suo sarcofago. Sul suo sarcofago sarebbe stata eretta una piccola cappella, primo nucleo della chiesa attuale.


Spesso per scoprire curiosità e misteri non si devono percorrere centinaia di chilometri. Talvolta le cose più affascinanti per la loro cupa leggenda sono vicino a casa. E se si possono abbinare turismo artistico e turismo gastronomico, è certo che nulla c’è di meglio del bellissimo Piemonte.

Courtesy Fabio Borello, Chiesa del S.S. nome di Maria detta Madonna delle Vigne, http://www.piemonteoggi.it/pdf_news/28072016104110_lucedio.pdf



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