Gli Italiani, il lock down e il cibo

Gli Italiani, il lock down e il cibo

Un questionario per mappare le abitudini delle famiglie durante il lock down, parte I

Gli Italiani, il lock down e il cibo in un questionario per mappare le abitudini delle famiglie durante la lunga “prigionia”. È la novità delle ultime settimane e dell’inizio della fase 2, inviato via mail agli Italiani. Il questionario è interessante e dettagliato e potrebbe, in effetti, fotografare con discreta precisione le condizioni generali di vita se tutti o, almeno, molti, lo compileranno: è lungo, e molte delle domande a risposta multipla sono un po’ troppo generiche e rigide.

Se le domande sulle abitudini alimentari sono preponderanti ( e non a caso, in Italia), l’insieme del questionario sembra percorrere con precisione i dubbi e le domande che ci siamo posti anche noi su come il vicino ha vissuto il lungo periodo di isolamento: parliamo di persone anziane, di bambini e di adulti che sono  rimasti in casa in quarantena, in cassa integrazione, a fare smart work, o, semplicemente, sono stati licenziati o impossibilitati a lavorare (vedi artigiani dell’estetica e piccoli imprenditori della ristorazione).

Il dato sconcertante del questionario è che prende per assodato (con molto realismo, peraltro) che non esiste, in Italia, nemmeno un briciolo di democrazia abitativa ovvero che, qualsiasi cosa dica la Costituzione, specialmente nei momenti difficili, gli Italiani non sono uguali davanti allo Stato. E infatti, il questionario fa domande approfondite sulla composizione del nucleo famigliare e le dimensioni della casa ma anche sulla presenza di spazi di “privacy”, se la casa possiede terrazzi, giardino o cortile, o aree utilizzate o utilizzabili per l’autoproduzione di cibi; se sono utilizzati o no, se si è pensato di farlo in futuro.

Decrescita virtuosa: bio e autoproduzione

Non è banale se pensiamo alla decrescita virtuosa prevista dal Green Deal Europeo, all’importanza attribuita agli spazi di autoproduzione, alle coltivazioni agricole non intensive, alla svolta bio, con la proposta di convertire il 25% dell’uso dei terreni agricoli in produzione biologica (adesso solo il 7,5% lo è). Il problema dell’autoproduzione è anche strettamente legato ad un’altra sezione del questionario, quella sull’accesso alle risorse economiche.

Infatti, la crisi delle aziende ha fatto sì che i lavoratori di grandi imprese abbiano probabilmente percepito l’anticipo della cassa integrazione direttamente dal proprio datore di lavoro mentre i dipendenti di piccole aziende non hanno potuto usufruire dell’anticipo e hanno aspettato i versamenti Inps per mesi. Chi aveva mezzi o risparmi, chi ha continuato a lavorare, non ha avuto problemi, ma per i lavoratori a nero, i pensionati, gli artigiani, l’accesso ai mezzi è stato sicuramente arduo.

Lo Stato, preventivamente, vuole capire se qualche italiano è ancora “autarchico”, almeno nella produzione di cibo e, senza dubbio, l’autoproduzione avrebbe significato un miglior approvvigionamento a bassa spesa di alimenti di qualità.

Per alcune famiglie, lo slittamento sotto la soglia della povertà tanto temuto è, in effetti, avvenuto e insufficienti sono stati, a detta degli utenti, i buoni spesa emessi dal governo, e non è nemmeno da escludersi che giunti a chi doveva poi distribuirli ai veramente bisognosi, lo abbia fatto con sistema clientelare. Tuttavia, ed è la materia che ci interessa, il questionario è molto specifico e dedica molte domande alle abitudini di acquisto e di consumo dei prodotti di prima necessità, in particolare degli alimenti. E si propone, in sostanza, di fotografare il carrello della spesa prima del lock down e durante il lock down, nel tentativo di comprendere come la popolazione si è approcciata al cibo, sia dal punto di vista della scelta alimentare, sia dell’accessibilità dei punti vendita e, quindi, il ruolo di negozi e supermercati.

La spesa salutare ai tempi del Covid

È interessante notare la lunga sezione dedicata a domande sull’acquisto e il consumo di varie tipologie di cibo, alimenti a lunga conservazione o pronti da consumare, carne, latte, pane, uova, formaggi e, ovviamente verdura e frutta, per “mappare” se le abitudini sono rimaste inalterate  oppure se qualche alimento è stato preferito oppure abbandonato; se i pasti sono stati regolari, se sono state abbandonate le abitudini tradizionali del nostro paese, il consumo di cibo ad ore fisse, se c’è stato un maggior consumo di alimenti confortanti, come dolci e snack salati, vino, birra e superalcolici. Il timore è, probabilmente, quello di trovarsi un popolo ingrassato, depresso e dedito all’alcolismo, e non è questione da poco: lo dicono i molti suicidi delle scorse settimane. E il peso sociale e sanitario del lock down sarà valutabile solo nei prossimi mesi.

Negozi o GDO? Qual è il futuro delle abitudini d’acquisto?

E poi, della lunga lista di alimenti indispensabili, il questionario vuole approfondire la tipologia di approvvigionamento: la tendenza all’accumulo, la spesa in grande alla GDO, la piccola spesa nei negozi di vicinato. E non è un dato da poco: l’accessibilità alla grande distribuzione non è per tutti e come già abbiamo visto nell’articolo della scorsa settimana, i negozi di vicinato ha mostrato la propria importanza nel rendere accessibili a tutti o quasi i generi di prima necessità. Tuttavia, le risposte raccolte potranno anche fornirci dati da analizzare per comprendere se queste nuove abitudini d’acquisto, che, ed è una certezza, sono state acquisite nella fase di “confinamento”, rimarranno oppure saranno annullate o molto ridotte dal ritorno alla normalità.

Il questionario è molto specifico soprattutto sul consumo di alimenti freschi e sul luogo d’acquisto, anche nel tentativo di fotografare se la popolazione ha avuto modo di accedere ad una alimentazione sana e con il dubbio, ampiamente manifestato, che invece ci abbia “dato dentro” con dolci, vino e superalcolici, per consolarsi e far passare il tempo.



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